PRONUNCIA


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NOTE SULLA GRAFIA E SULLA PRONUNCIA

Difficile trascrivere il dialetto leventinese. Alcuni ci hanno provato ma i testi si leggono con difficoltà. In questo dizionario seguo in parte sentieri già seguiti e in parte me ne discosto, con la speranza di rendere la lettura più agevole. Qui sotto alcune note sulla grafia delle parole e sulla pronuncia:

c' - g' - Due suoni caratteristici di questo dialetto, definiti dai linguisti "consonanti esplosive mediopalatali". Chi non è del posto le pronuncia come le iniziali di "chiodo" e "ghianda". Ci vorrebbero segni diacritici per la c e la g che purtroppo la mia tastiera non ha. Uso dunque l'apostrofo come hanno già fatto altri. La pronuncia della c' - molto frequente nel dialetto di Airolo e Val Bedretto (e di Biasca), meno in quello di Quinto, Prato Leventina o Dalpe si avvicina un po' a quello che si avrebbe pronunciando - in hochdeutsch, non in tedesco svizzero  - la "dch" della parola  Mädchen o la "tch" di Hütchen a tutta velocità. In romancio sursilvano il suono è reso con tg, nei romanci engadinesi con ch. La g', suono tra la g dura e la d, è molto meno frequente e non si trova mai come iniziale, salvo che nel dialetto di Airolo e VB (g'alina).  Chi volesse esercitarsi può provare a dire "c'èrn séc'a d' c'àura biénc'a". Di difficoltà nettamente superiore il mio scioglilingua personale "I ho c'ö 'nc'a un c'égn biénc' ic'ö 'n c'è a C'inc'énc'": "Tengo pure un cane bianco qui in casa a Chinchengo" (frazione di Faido)!

ò, o, ó - Quando la o è aperta è scritta ò. Altrimenti è chiusa (ó, come in "ora") e al termine di una parola si pronuncia quasi - o senza quasi - come una u, alla portoghese (spipro, fisro). Lo stesso vale quando è atona all'interno di molte parole (coreija, ciossena ...), perlomeno nella parte superiore dell'Alta Leventina, mentre a Dalpe - dove sono cresciuto - mi pare si tenda più verso la normale o, fatto che mi ha certamente influenzato. Ad Altanca e Ronco, e forse ancor più ad Airolo e in Val Bedretto, diventano u anche molte o toniche (sulle quali cade l'accento all'interno della parola): scistrói -> scistrùi. A volte ho esitato tra la o e la u, spesso ho usato entrambe, dando dapprima la versione con la o e poi quella con la u, anche pensando ai motori di ricerca. La scelta tra la o e  la u è anche un fatto generazionale: mentre i vecchi usano in prevalenza la u, i giovani tendono più verso la o, anche influenzati dal dialetto ticinese standard. A volte mi pare che si tenda a calcare di più sulla u, specie finale, a scopo "enfatico", per sottolineare maggiormente il proprio dire o fare più "dialetto autentico". Chi cerca una parola con la u guardi dunque anche con la o se non la trova.  La ó all'interno o in fine di parola è una o chiusa tonica.

é, è - e chiusa, e aperta

à, ì, ù - qui l'accento è usato solo per accentare la parola in caso di dubbio

s - davanti a consonante - salvo la r: fisri, mèsro - si pronuncia sc come in scena (o sh in inglese): sminé -> shminé. Si pronuncia s di solito anche nelle parole composte: mésdì (mezzogiorno, ma a Dalpe misdì = mishdì), Pospécian, Posméda.

j - come j in francese (journal). Altri lo rendono con sg, che trovo poco pratico e complica la lettura.

sc - davanti a vocale in fin di parola = sc come in scena (inglese sh).

ç - in fin di parola = c come cena (inglese ch). Anche in questo caso ho preferito una soluzione semplice ai vari c, cc, ch, cch che si trovano nei testi scritti in dialetto.

n - in fine di parola pronuncia "velare" (= fra il dorso della lingua e il velo del palato, simile all'inglese o al tedesco -ng) come nel ticinese standard quando l'accento cade sull'ultima sillaba: bon, balon. Le parole che finiscono in -on, al plurale  fanno -oi (scistroi, froi, mostazoi), quelle che finiscono in -in fanno -it (pinin -> pinit; perzighin -> perzighit). Quelle che finiscono in an, quando questa sillaba è tonica fanno -èi (pian -> pièi; man -> mèi), ma se l'accento cade sulla sillaba precedente restano invariati e la n si pronuncia come una n normale (palatale): jóan, rütan, saròdan, àudan, óman. Come una n normale si pronunciano anche molti plurali con sillaba tonica: sing. chèna plur. chèn (chènn), cassina > cassin (cassinn). In caso di possibile dubbio segnalo la pronuncia della n normale con -nn.

ss - in mezzo alle parole s dura, come in seta (cassina, possè)

zz - in mezzo alle parole rende la pronuncia ts (non doppia, che non esiste in dialetto). All'inizio di parola preciso sempre se si tratti di una ts o di una ds